Ho un caro amico che conosco da una vita, eravamo alle medie insieme. Lavora in borsa a Milano, è impiegato in una SIM, una società di intermediazione immobiliare. Guadagna bene ma i soldi non gli bastano mai lo stesso. E’ che ha un tenore di vita alto, un figlio piccolo un po’ viziato e una moglie che non lavora, una casa grande su due piani, la donna di servizio, moto e macchine, la passione per l’arte contemporanea e i mobili antichi. Tempo fa mi parlava del suo capo, il titolare della società, un uomo ricchissimo che a suo dire è un coglione perché non sa viversi la vita. “Pensa“, mi disse, “che a fine luglio doveva andare in vacanza, raggiungere la sua famiglia a Porto Cervo per stare due settimane sul suo yacht. Io rimanevo, avevo preso le ferie a settembre. Il giorno prima di partire ci dà le ultime indicazioni, si raccomanda che facciamo questo e quello, poi ci saluta e se ne va. Tre giorni dopo arrivo in ufficio la mattina presto come al solito e lo trovo lì, con gli occhi fissi sul terminale, a comprare e vendere azioni. Gli chiedo come mai e mi risponde che si annoiava. Probabilmente a quest’ora sua moglie se la sta spassando coi marinai“.
Il mio amico in sostanza vorrebbe avere il reddito del suo capo ma senza essere drogato di lavoro come lui, e non capisce che le due cose sono inscindibili, che non si può raggiungere quell’agiatezza senza avere quella mentalità; che è un po’ l’opposto di quanto dicono i fan di Berlusconi, quando affermano che una persona così ricca non ha bisogno di rubare. Solo con una determinazione e un’avidità insaziabili puoi arrivare a quei livelli. Se sei uno che al casinò non entra, oppure entra e punta poco sul rosso o il nero e poi esce alla prima vincita contento di quei soldini, ricco non lo diventerai mai. Questo per dire che ognuno di noi è convinto che se avesse gli stessi soldi di un altro sarebbe molto più ricco di lui, nel senso che ai nostri occhi gli altri spendono sempre in modo dissennato e non sanno godersi la vita. Ma anche per dire che di una situazione, di una mentalità, bisogna prendere tutto, vantaggi e svantaggi, e forse questa consapevolezza potrebbe indurci a capire che niente è veramente invidiabile. Diceva bene Alessandro Ansuini in un commento al mio post sulle vocazioni: “Si fa presto a dire voglio essere Kafka, perà mica vuoi fartela la vita di Kafka“.
marzo 22, 2010 alle 6:42 PM |
Sto diventando mio malgrado un garufologo: questo tizio che lavora in borsa lo conosco, deve essere un amico di quello della sedia e del quadro a Lucca!