Il Castello di Issogne in Valle d’Aosta è celebre per i suoi affreschi rinascimentali, ma meritano la giusta attenzione pure i numerosi graffiti d’epoca disseminati in tutti gli ambienti, che Omar Borettaz ha diligentemente catalogato in un bel libro edito da Priuli & Verlucca nel ’95. Fra questi, il mio preferito è opera di un anonimo visitatore del XVI sec., si trova nel loggiato del 2° piano e dice: “Vorebe, senza parlar, eser inteso”. Ogni linguaggio aspira alla propria redenzione e tradisce al contempo un’acuta nostalgia del silenzio, che è attributo della perfezione. A margine, per esprimerlo o invocarlo, resta solo la scrittura, inchinata e stregata dallo stesso silenzio che la smentisce.
agosto 12, 2009 alle 5:48 am |
🙂
Ghega
agosto 12, 2009 alle 7:34 am |
io avrei voluto tanto che la scrittura avesse il potere di aiutare, di risolvere dei problemi, ma più vado avanti e più mi rendo conto che non serve a un granchè, e più vado avanti e meno ho voglia di scrivere e più ho voglia di fare silenzio…
agosto 12, 2009 alle 10:45 am |
Beh, però l’originale è un po’ meno poetico:
“Se io taso crepo / se io parlo io temo / esere represo. Vorebe / senza parlar eser / inteso”. (Almeno, così lo riporta qui: http://www.issogne.vda.it/castello/graffiti.htm).
Mi fa pensare più a uno che ha un segreto e smania dalla voglia di rivelarlo…
agosto 12, 2009 alle 11:09 am |
ciao sergio, sì, la versione integrale è meno poetica e autorizza la tua interpretazione, però a me continuano a girare per la testa gli ultimi versi, che credo possano essere colti pure indipendentemente dal resto, come aspirazione umana universale, e mi sembra non casuale che per esprimere quest’ultima l’anonimo sia ricorso alla scrittura, che col silenzio ha molto a che fare, essendo la voce dell’anima.
agosto 12, 2009 alle 11:31 am |
L’acuta nostalgia del silenzio è come la nostalgia, mai finita, della fusione. A noi scegliere, di volta in volta, con cosa o con chi desiderarla, per poi desiderarla ancora, e così via.
🙂
agosto 12, 2009 alle 12:18 PM |
ciao matilde, concordo, è solo un altro modo di manifestare l’eterna brama di assoluto tipica degli amanti, anzi tipica dell’insignificante 🙂
agosto 12, 2009 alle 1:54 PM |
Già, dell’indistinto.
(uff, che afa! :))
agosto 21, 2009 alle 10:06 am |
“Vorey senza parlar essere inteso”, dice un pappagallo dipinto nel castello degli Acaia (a Torino).
“Vorave dir, e anca no dir; senza parlar, essare inteso” è tramandato in famiglia mia come motto goldoniano. (Ma, se è davvero tale, non so da quale commedia; e mia madre, quando lo ripete, mette nel “senza” una zeta davvero troppo vicentina).
All’opposto: il don Tarcisio di Marco Paolini ha il tormentone: “Mi, no digo gnente; ma gnanca no taso”. (La “s” di “taso” si pronuncia come la “s” sonora di “casa”).
giulio mnozzi
agosto 21, 2009 alle 10:06 am |
mnozzi? No!: mozzi.