Archive for novembre 2009

Le categorie dell’eros

novembre 28, 2009

Sarà l’età, ma ultimamente mi capita spesso di ascoltare da parte dei miei amici discorsi che puzzano di bilancio. Paolo mi raccontava che la scorsa estate, nelle ore oziose trascorse sotto l’ombrellone, si era messo a contare il numero di donne con cui era stato nella sua vita, e la cifra a cui era giunto era 37. Il primo commento che mi veniva da fare e non ho fatto era quello del principe Salina nel Gattopardo a proposito delle case: solo quelle di cui non si conosce l’esatto numero delle stanze sono degne di essere vissute; dal che s’intuisce che ci toccano tempi grami e ragionieristici, brevi locazioni di angusti bilocali già arredati. Dal canto mio mi sono sempre rifiutato di fare simili bilanci. Più interessante sarebbe una catalogazione delle tipologie di amori, se cioè è stata preponderante la categoria dell’appetitio, intesa come l’attrazione meramente sessuale, quella della perditio, una sorta di vagheggiamento platonico e stilnovistico totalmente disincarnato, o se abbiamo avuto l’improbabile  fortuna di molte affectio, vale a dire l’amour fusionnel, l’unione di attrazione fisica e intesa intellettuale. Claudio Magris fornisce i prototipi di queste categorie ricorrendo alle figure femminili dell’Odissea, per cui Circe è l’appetitio, Calipso la perditio e Penelope l’affectio, da cui si ricava che forse quest’ultima non è una condizione così auspicabile come si credeva. E se invece fosse la bella e disinibita Nausicaa il destino di ognuno? Una quarta categoria puramente potenziale, un concentrato di desideri, speranze e promesse, l’idilliaco inizio di un rapporto che può diventare tutto o finire miseramente in niente?

La realtà aumentata

novembre 28, 2009

Quello della “realtà aumentata” è un concetto abbastanza recente, nato sulla scia degli ultimi progressi tecnologici in fatto di comunicazione. L’espressione fa riferimento agli strumenti che arricchiscono di immagini e informazioni la reatà che ci circonda, per esempio posizionando un pc o un cellulare in un determinato spazio e ottenendo, da questo semplice spostamento, maggiori informazioni su quel luogo o immagini dello stesso in un’epoca precedente. In un certo senso è l’opposto della realtà virtuale, perché  questa inserisce l’uomo in un contesto simulato, mentre la realtà aumentata integra oggetti virtuali in una scena concreta. Il livello rimane dunque quello della realtà sensibile, ma questa viene arricchita di informazioni e oggetti inesistenti. (more…)

Il paese bocardo

novembre 24, 2009

Si discute molto di Stato d’eccezione, in questi ultimi tempi. Le leggi ad personam, perfetto esempio di teratologia giuridica, sono leggi in deroga a tutto, soprattutto alla legge. Però questa volta non c’entra Berlusconi, o perlomeno non è solo colpa sua. Lo spiegava bene Travaglio in questo articolo, intitolato Delle due entrambe: i famosi “tarallucci e vino” non hanno colore politico, sono il naturale happy end del nostro eterno melodramma. E’ il paese a essere bocardo. Qualsiasi discussione parte canonicamente dal sillogismo barbara, poi appena entra in scena il privilegio deraglia subito, e fra il sillogismo baroco e quello bocardo si opta senza esitazioni per il secondo, quello che ammette l’eccezione e sacrifica la regola. Sposare le regole e andare a letto con le eccezioni, il massimo della perversione cattolica.

UngarettU

novembre 14, 2009

Repertorio delle bestemmie

novembre 9, 2009

Ai tempi del liceo carezzai l’idea di scrivere un saggio sulle bestemmie. L’ambizioso progetto rimase a lungo in sonno finché compresi che la libertà di comunicazione introdotta dalla Rete, vero e proprio veicolo di una nuova Repubblica delle lettere, mi avrebbe finalmente permesso di dare forma e sostanza a quel proposito, insieme lessicografico e poetico. Così qualche anno fa postai su Nazione Indiana una sorta di appello, in cui in sostanza invitavo i lettori del blog a partecipare all’elaborazione di un repertorio globale della bestemmia nell’area linguistica italiana, sia nelle forme autorizzate della lingua che in quelle vernacolari, e in un manuale della sacramentazione. Il post venne censurato poco dopo la pubblicazione, ma fu una censura preventiva, imposta dall’interno della redazione nel timore di eventuali denunce.

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Esegesi di una foto

novembre 6, 2009

berl

Oggi sono andato in biblioteca a restituire un libro che avevo preso in prestito e ne ho approfittato per leggermi le pagine culturali di un po’ di quotidiani che normalmente non compro. Fra questi, sfogliando Il Giornale, mi sono sorpreso di vedere a pag. 11 la celebre foto di Berlusconi che fa il buffone abbracciando Obama e Medvedev. Mi sono sorpreso perché pensavo che fosse il genere di immagini imbarazzanti che appaiono solo sui giornali avversi al premier, tipo Repubblica. Ma, a ben vedere, è invece la dimostrazione di un sospetto che coltivo da tempo, soprattutto dopo le accese discussioni che mi sono capitate qualche volta con i sostenitori del PdL,  cioè che un punto in comune esiste fra i due opposti schieramenti. Al di là delle dichiarazioni di principio e degli strepiti sul complotto comunista e le c.d. toghe rosse, penso che perfino chi lo vota sia consapevole delle sue malefatte (le leggi ad personam, la corruzione, l’evasione, il conflitto di interessi), è solo che le interpreta in maniera diversa, più elastica. Per cui certe azioni scorrette vengono ammesse ma giustificate dato che in fondo “così fan tutti”, e poi il sistema (legislativo, fiscale ecc) è talmente oppressivo che ti costringe a violarlo. E’ dunque soltanto l’assiologia a dividerci, sui fatti c’è un sostanziale accordo. La foto ne è la prova. Per chi vota a sinistra quella è l’immagine di un pagliaccio che all’estero giudicano male o al limite tollerano come un elemento folcloristico, mentre per chi vota a destra quello è un simpaticone amico di tutti i potenti della terra, così furbo da fare politica con il sorriso e gli abbracci. Entrambi convengono che ci sia qualcosa di divertente in questa scena, tuttavia per i secondi il russo e l’americano stanno ridendo con Berlusconi, per i primi invece stanno ridendo di Berlusconi.

Leonardo unplugged

novembre 5, 2009

ceciliaLa mia dolce Chiara mi ha chiesto se volevo collaborare alla sceneggiatura di una fiction su Leonardo. Erano interessati ad aneddoti sulla vita dell’artista che non fossero troppo noti, qualcosa di significativo anche per la sua opera, e così, d’acchito, mi sono venute in mente tre cose.

La prima è una congettura, non suffragata da opinioni autorevoli però abbastanza plausibile, e, almeno ai miei occhi, degna di essere riferita. Riguarda i processi per “sodomia passiva” che subì e dai quali, per la verità, in seguito fu scagionato. L’idea è che la sua visione del mondo, quel modo di rappresentare un’umanità quasi indifferenziata, in cui gli uomini e le donne si assomigliano perché i primi risultano addolciti nei tratti, tanto da sembrare effemminati, dipenda dalle sue inclinazioni sessuali, e per questo mi riferisco in particolare alla sua c.d. “passività”. Cosa che, fra l’altro, ha ingenerato equivoci come le fantasiose ipotesi alla Dan Brown, secondo cui il San Giovanni del Cenacolo sarebbe in realtà la Maddalena. Forse sono pregiudizi, però quando vedo le donne atletiche e nerborute di Michelangelo mi vien da pensare che siano un riflesso della sua omosessualità attiva, qualcosa di speculare a Leonardo.

Il secondo punto ha a che fare con le mansioni minori che il genio di Vinci svolgeva sul finire del XV secolo alla corte di Ludovico il Moro. I biografi infatti narrano che si occupasse pure delle coreografie che dovevano sbalordire il duca di Milano e i suoi ospiti al Castello durante le feste. In una di queste progettò addirittura una torta gigantesca a più piani, e questo suo ruolo di designer gastronomico mi ha sempre colpito. Forse fu il primo a rifiutare ogni gerarchia fra alto e basso, una sorta di protopostmodernista. E poi il dettaglio della pasticceria, che ne fa l’antesignano dell’arte effimera, un’arte che vive lo spazio di poche ore e si consuma senza rimpianti nel piacere dei suoi fruitori, diventando così nutrimento dello spirito e insieme della carne.

E infine qualcosa di molto attuale, che unisce simbolicamente la sua parabola artistica con quella umana. Parlo dei ritratti di Cecilia Gallerani e di Lucrezia Crivelli, le amanti del Moro. Sarà che da buon biografista in letteratura non potevo non amare la ritrattistica in pittura, ma quei volti fieri e sicuri, in due ragazzine di circa 20 anni, sono le sue opere che mi suscitano maggiore ammirazione. Federico Zeri (ne La percezione visiva dell’Italia e degli italiani, Einaudi, pp.14-15) notò che Leonardo riuscì a rendere “la loro luminosa bellezza fisica senza ricorrere a connotati erotici, senza accennare alla metamorfosi verso il sex object. E senza neppure (grazie al suo razionalismo agnostico) oscillare verso l’altra alternativa che il cattolicesimo peninsulare riserba per l’immagine femminile, il luogo cioè dell’eterna madre italiana, reale o potenziale, per cui l’immagine della donna viene caricata di connotati psicologici tristi, dolorosi, pensosi, gravi di responsabilità, per un perenne e inevitabile rapporto con la mitologica Madre di Dio. I due ritratti sono il documento di una condizione femminile mai più raggiunta da noi per molti secoli, una condizione di apertura mentale e intellettuale, di rispetto egualitario nei confronti dell’uomo. Sono queste, beninteso, immagini della élite milanese verso lo scadere del Quattrocento, di un ambiente cioè quanto mai ristretto ed eccezionale; tuttavia, né prima né poi le arti figurative ci hanno lasciato, e anche in gruppi sociali di analogo potere, i segni di una condizione femminile altrettanto aperta, di una fioritura senza vincoli come quella che splende nei due dipinti di Leonardo”. Altro che Mara Carfagna e Sex and the city.

Litterature

novembre 4, 2009

libreriaIn rete e su carta è tutto un gran parlare di generi letterari, di scaffalature. E’ un mondo di archivisti. L’ultimo nato è il postnoir, e in fondo c’era da aspettarselo, il noir non finirà mai, è un evergreen. Chi la considera solo un’etichetta, una nuova griffe per rifilare al lettore più sprovveduto la solita sbobba di sempre, sostiene che l’unica distinzione che conta è quella fra libri belli e libri brutti, e che questi appartengono indifferentemente ai generi più diversi. All’apparenza, entrambi gli schieramenti armati rifiutano le gerarchie, o perlomeno non le fanno coincidere con un genere specifico, di quelli tradizionalmente codificati; in realtà la gerarchia c’è eccome, solo che è totalmente subordinata al mercato, nel senso che quello è il termine di riferimento, sia che lo si blandisca sia che lo si contesti. Nella coda polemica seguita a un intervento di Giampaolo Simi su Nazione Indiana, alcuni scrittori hanno spiegato l’esigenza delle scaffalature come orientamento alla scelta dell’acquirente, raccontando le personali peripezie quando hanno scoperto che le proprie opere erano state catalogate nei modi più bizzarri e improbabili, magari per ottusa assonanza col titolo. Negli anni, frequentando diversi scrittori, di racconti così ne ho sentiti un fottìo, e ogni volta mi chiedevo: com’è possibile che non si accorgano del ridicolo? Capisco la debolezza di voler controllare se esisti, se piaci, quante copie ci sono in quella libreria e quante sono state vendute, tanto più che quel tipo di dati non viene facilmente diffuso dall’editore. Non so, probabilmente al loro posto io farei lo stesso, ma perché dirlo in pubblico, vantarsene, pensando che quel resoconto ispiri complicità e non compassione? Da semplice lettore, cioè da uno che non ha mai scritto un libro, confesso che per me esiste un genere letterario di serie B. Non è il giallo, la teoria del complotto o il postnoir, e non c’entrano commissari, serial killer o sette sataniche. No, il vero genere letterario di serie B è quello in cui l’autore racconta la sua visita in una libreria alla ricerca di dove hanno posizionato i propri libri. E il peggio del peggio è quando nel finale s’incazza e sfotte il commesso ignorante che ha sbagliato scaffale. Quella sì che è “litterature”, da litter, spazzatura.

Sine ulla macula

novembre 2, 2009

cremonaSporco negro. Sporco ebreo. Sporco marocchino. Sporco zingaro. L’igiene è la misura della civiltà di un popolo, la prova della sua superiorità, da salvaguardare a ogni costo. La guerra marinettiana, sola igiene del mondo. La pulizia etnica di Srebrenica. L’Occidente che se ne lava le mani. Eppure per secoli eravamo noi i luridi. Noi cristiani. Orgogliosamente lerci e maleodoranti. L’unica grande religione priva di regole di pulizia. San Francesco e  Sant’Agnese non si lavarono mai, e neppure cambiarono veste. Essere “in odore di santità” (quindi la laicità è inodore). Il tanfo come dimostrazione delle virtù morali. Anche la medicina del tempo lo sosteneva: lavarsi apre i pori della pelle e fa entrare le infezioni. Nell’antica Roma era il contrario. La cultura delle terme ovunque, associata più all’edonismo e al piacere che alla salute. Non a caso spesso ospitavano i bordelli. E poi il candidato politico, che veste di candido perché è integerrimo. Il bianco più bianco del bianco. La pulizia è terreno di scontro pure nei rapporti sentimentali. I gender studies al cesso. “Cerco donna seria, onesta e pulita“. L’uso del bidè, la tavoletta alzata, il verso con cui scende la carta igienica. Le statistiche sulla preferenza femminile per la doccia mattutina e quella maschile per il bagno serale. Chi dà più importanza alla dimensione pubblica, lavorativa, e chi a quella intima e privata. La brama di assoluto degli innamorati: un amore a ph neutro, un amore senza macchia.

(Donna che si lava la mattina, Tranquillo Cremona, acquarello su carta, 1877-1878)