Archive for aprile 2012

Il prossimo

aprile 20, 2012

Ho firmato il contratto con Ponte alle Grazie per il secondo libro, che devo ancora scrivere. E’ un momento magico, quello di quando pensi a cosa scrivere, i libri potenziali sono infiniti e tutti bellissimi. Ho alcune idee, ma le cambio spesso. Partendo dalle poche certezze: vorrei fare qualcosa di completamente diverso dal primo romanzo. Niente di autobiografico, quindi. Una storia concentrata in poco tempo, magari un giorno solo, senza libri. Poi il protagonista non sarà un ricco dandy alla Piperno, e neppure un borgataro alla Siti; e la narrazione non si ispirerà a qualche fatto di cronaca eccezionale, come Il demone a Beslan di Tarabbia o Elisabeth di Sortino. Ceto medio, storie comuni, una roba così.

Sliding roles

aprile 19, 2012

Ieri sera sono andato a Fandango Incontro, in via dei Prefetti a Roma, per la presentazione dell’ultimo, bellissimo romanzo di Emanuele Trevi (Qualcosa di scritto, Ponte alle Grazie). Il locale era pieno di VIP, l’evento era chiaramente mondano. In seguito all’intervista da Fazio e all’ufficializzazione di concorrere per lo Strega, Trevi è entrato di diritto nel bel mondo, dopo aver stazionato a lungo fra i talenti di nicchia, molto apprezzati da pochi eletti ma sconosciuti al grande pubblico. Ancora la scorsa primavera, al tempo in cui ultimavo l’editing del mio libro, ricordo che lui stava partendo col mio editor alla volta della Grecia per scrivere la seconda parte del suo libro, quella dedicata ai riti eleusini. Mentre stavano in traghetto, gli spedii un sms riferendo della polemica apparsa su Saturno (l’ex inserto letterario del Fatto Quotidiano), dove alcuni scrittori milanesi polemizzavano con i colleghi romani su quale fosse la città editorialmente più importante. Fra i primi, ricordo che uno dei meno diplomatici fu Alessandro Bertante, che, forse ringalluzzito dai buoni risultati del suo Nina dei lupi, intimò al capitolino Trevi di tacere, liquidandolo come un autore “da 800 copie”.

Sul palco i presentatori erano diversi. Gianni Borgna, Walter Siti, Paola Pitagora che recitava alcuni brani, Concita De Gregorio, Marino Sinibaldi, oltre naturalmente a Trevi. Sotto (in tutti i sensi), un centinaio di anonimi spettatori come me ascoltava pazientemente i vari interventi. Alle 23 è finito tutto e ordinary people e VIP si sono mischiati intorno al buffet preparato sul lungo tavolo rettangolare. Lì è partito l’arrembaggio, i tentativi più o meno timidi di alcuni di abbordare i VIP, di solito partendo dai complimenti. Magari era solo una mia impressione, ma mi ha un po’ infastidito la diffidenza e il malcelato atteggiamento di degnazione che questi destinavano agli estranei, e così dopo un po’ me ne sono tornato a casa.

Oggi ho pranzato con la mia compagna da Antonini, il bar pasticceria in Prati. Stavamo nei tavolini all’aperto, sul marciapiede, era una bella giornata di sole. Mi piace andare lì, ci sono cose gustose, e poi è un luogo che mi è familiare. L’unico inconveniente è la processione ininterrotta di questuanti: più che altro ragazzi di colore che provano a venderti fazzoletti di carta, o calze, o accendini. L’approccio è sempre uguale, la prendono larga, cercano un contatto cordiale che non mostri un interesse preciso. Poi provano a venderti qualcosa. Se dici di non voler nulla ti chiedono i soldi per mangiare, e il metodo più efficace per liberartene è non considerarli neppure. Lo diceva anche Manganelli nel suo viaggio in India: fingi che non esistano, è l’unico modo per toglierseli di torno alla svelta. Con i primi due mi scusavo e non se ne andavano più, il terzo l’ho ignorato e ha smesso subito. In quel posto ero il VIP, e ciò che il VIP teme di più dagli anonimi estranei sono le richieste. La sera prima erano richieste di attenzioni, di considerazione, di recensioni. Oggi a pranzo soldi.

Il grande romanzo di un bracconiere di parole

aprile 13, 2012

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/13/grande-romanzo-bracconiere-parole/204187/

Ponte alle Grazie

aprile 12, 2012

http://www.rivistastudio.com/editoriali/libri/ponte-alle-grazie/

Riconoscimenti

aprile 9, 2012

‎”Sono sempre stato di sinistra e non sarei certo passato alla destra solo perché non mi piacevano i chierici comunisti, così diventai trotzkista. Il problema è che anche dopo, quando mi ritrovai fra i trotzkisti, non mi piaceva l’unanimità clericale dei trotzkisti e finii per diventare anarchico. Ero l’unico anarchico che conoscevo, grazie a Dio, perché in caso contrario avrei smesso di essere anarchico. L’unanimità mi fa incazzare. Quando vedo che tutti sono d’accordo su qualcosa, quando vedo che tutti lanciano in coro un anatema contro qualcosa, sento un non so che a fior di pelle che dà il rigetto. Probabilmente sono traumi infantili, non è una cosa di cui vado orgoglioso”

Toccare il cuore

aprile 5, 2012

A Totò ho sempre voluto un bene dell’anima, sin dal primo giorno che lo prendemmo ancora cucciolo in un giardino trascurato di Frascati, dove stava con la madre e due sorelle, ma ieri sera l’ho amato ancora di più. Stavo portandolo in giro come al solito  per i giardini del Villaggio Olimpico, ed era quasi ora di cena, il penultimo turno della giornata, quando abbiamo intravisto un bastardino bianco e nero, di taglia un po’ più grossa della sua, che zampettava libero nei dintorni. Totò si è piantato sull’erba, non voleva spostarsi, guardava fisso quel cane finché questi se n’è accorto e lo ha raggiunto. Nessuno dei due ha fatto segno di sottomissione, si annusavano minacciosamente e presto è partita la rissa, e Totò le ha prese. Sono stati pochi secondi, io tiravo via il mio col guinzaglio ma l’altro libero aveva ancora più gioco ad azzannarlo, e tutto è terminato con un mio calcio all’aggressore e qualche insulto al suo padrone, che era accorso scusandosi.

Totò non le aveva mai prese prima. Girava spavaldo per il quartiere come un bulletto, cacciava gatti e piccioni, ringhiava ai cani piccoli che non riconoscevano il suo grado più elevato, ed io a volte ne ero stupidamente fiero. Poi ieri mi ha fatto una pena infinita. Vederlo in difficoltà, aggredito, sentirlo guaire, e soprattutto il dopo, quando è finita la rissa e si è allontanato con le orecchie basse e la coda fra le zampe. Aveva un’aria avvilita. Non era il dolore fisico, probabilmente non si è fatto niente, era la mortificazione che mi ha impietosito, come se si fosse reso conto della propria piccolezza.

Certo, parlare così di un cane è stupido. Attribuirgli sentimenti complessi e “culturali” come la mortificazione significa snaturarlo, sebbene tanti anni in loro compagnia mi han fatto capire che i cani sono capaci di provare sentimenti non elementari, tipo la gelosia. In ogni caso mi aveva colpito quell’empatia nella sofferenza. Ho pensato che alcune mail, ricevute a proposito del mio libro, avevano la stessa motivazione. Quei lettori davano l’impressione che più che apprezzare Il nome giusto gli volessero bene, o lo apprezzassero perché gli volevano bene. Si sa, di solito ciò che tocca il cuore delle persone è la debolezza, l’inermità, l’ammissione del fallimento, perché ci si deve confessare per accedere al paradiso. In letteratura per molti è la convinzione che l’io narrante sia l’autore, e che questi si sia messo a nudo nel libro senza preoccuparsi di “uscirne bene”. Ecco perché i passi con uno stile ricercato non sono piaciuti: interrompevano l’empatia, non sapevano di verità.