Archive for dicembre 2012

Homo sapiens

dicembre 31, 2012

Homo_sapiensLa letteratura che non amo vuol dire cose “intelligenti”, dell’homo sapiens è interessata all’aggettivo. Per me, più passa il tempo e più conta il sostantivo. Buon anno.

Pound, homeless

dicembre 30, 2012

poundhttp://rstampa.pubblica.istruzione.it/bin/tiffpilot.exe?FN=E%3A%5Ceco%5CImg%5C1PCT%5C1PCTHJP%3F.TIF&MF=1&SV=Rassegna+Stampa&PD=1

Guarda che non sono io

dicembre 18, 2012

Roma è piena di vip. In tre anni qui ne ho visti più che in 47 a Milano. E c’è pure un atteggiamento diverso nei loro confronti, da parte della gente comune, a Roma rispetto a Milano, forse proprio per il gran numero. I milanesi sono più discreti, li notano ma non li importunano; mentre i romani li avvicinano ma lo fanno con una certa familiarità, come di chi appunto ci ha a che fare tutti i giorni. A Prati, il quartiere che bazzico più spesso, se ne incontrano a ogni angolo, credo anche per la presenza della Rai nelle vicinanze. Qualche settimana fa avevo incrociato Francesco De Gregori in via Sabotino, all’altezza del bar Antonini. Camminava tutto solo sul marciapiede con due sacchetti della spesa e la sua solita aria sgualcita, la stessa che non dissimula nelle occasioni pubbliche, quando fa un concerto per esempio. Indossava un cappottone liso e un cappello floscio, procedendo a lunghe falcate distratte con lo sguardo basso. Oggi mi è venuto in mente quando ho ascoltato questo suo brano alla radio, mentre aspettavo in macchina che il piccolo terminasse la lezione di musica. Intorno a me c’era la tipica frenesia natalizia, un andirivieni continuo di auto e persone con pacchetti regalo, ma io ero come ipnotizzato. L’ho trovata bellissima, al pari dei suoi grandi successi del passato. E penso che esprima qualcosa di profondo sul rapporto fra gli artisti famosi e la gente comune, sulla presunzione da parte nostra di conoscerli attraverso le loro opere.

Gli scrittori in genere sono meno esposti dei cantanti o degli attori agli inconvenienti della fama, non vengono importunati tanto come questi ultimi. Sono figli di un dio minore. Però anche gli scrittori, sia quelli noti che quelli sconosciuti come me, potrebbero dire lo stesso. Alle presentazioni chi legge crede di conoscere intimamente chi scrive, e questo in virtù del fatto che lo ha letto. La domanda più frequente, sulla quale s’interrogava anche Franzen nella sua ultima raccolta di saggi, è proprio “quanto c’è di autobiografico?”. Vogliamo una conferma, sospettiamo che ogni libro sia un documento fedele della personalità del suo autore, lo strip-tease della sua anima. Io, quando andavo a una presentazione, lo pensavo, e magari solo per timidezza evitavo di chiederlo. Anche per questo inserii la citazione di Walcott in esergo al mio romanzo (“C’è una memoria che nasce dall’immaginazione e dalla letteratura e non ha nulla a che vedere con l’esperienza effettiva. È, di fatto, una vita parallela“), per sviare dalle facili identificazioni. Tuttavia questo avviene ugualmente, e non c’è avvertenza che valga come dissuasione. Forse perfino la scarna nota dei ringraziamenti che misi in conclusione, dove parlavo di arazzo patchwork composto da citazioni altrui, era un monito di quel tipo, come a dire: guarda che molte di quelle parole non mi appartengono. Guarda che non sono io.

Qualche mese dopo l’uscita del mio romanzo salii a Milano per partecipare a un dibattito letterario che andava in onda in tarda mattinata su un’emittente televisiva privata. Poi raggiunsi mia madre a Monza per l’ora di pranzo. Mangiammo assieme e mi disse che in tv venivo male, sembravo più grasso e vecchio di com’ero. Al momento dei saluti, per andare a prendere il treno che mi avrebbe riportato a Roma, mi chiese di fermarmi un attimo al bar di un suo conoscente. Questi aveva letto il mio libro e le aveva detto che gli sarebbe piaciuto averlo autografato. Così, di passaggio verso la stazione, entrai per salutarlo e farci due chiacchiere. Fu molto gentile. Non si parlò del libro, mi domandò solo come mi trovavo nella capitale. Risposi che ero contento di essermi trasferito, e che Roma era una città accogliente. Lui mi guardò in modo complice e, calcando molto sull’ultima parola, affermò: “è una città che ti ha … adottato“. Firmai la sua copia e annuii sorridendo con un po’ d’imbarazzo. Era certo di aver colto il nocciolo della mia vita, di essere entrato in contatto con il mio segreto più intimo e sofferto, quello che ero riuscito a confessare soltanto per iscritto. Forse lo avrei deluso se gli avessi rivelato che era una bugia, una banalissima “licenza poetica”. Uscendo pensai che in fondo era un complimento. Se così tanta gente ci aveva creduto, compresi alcuni amici d’infanzia, voleva dire che ero stato convincente, che la storia aveva funzionato.

Lost in Paris

dicembre 16, 2012

Il Palio dello Strega

dicembre 13, 2012

palioNell’ultima edizione del Premio Goncourt i finalisti erano tutti autori di editori medio-piccoli. Le grandi case editrici come Gallimard, Folio o Grasset sono rimaste escluse. Perché da noi questo è inconcepibile? Perché lo Strega, in 66 edizioni, è stato assegnato 24 volte a Mondadori, 12 a Rizzoli, 11 a Einaudi, 9 a Bompiani e le briciole spartite tra Feltrinelli e Garzanti? Perché da noi i premi letterari sono come il Palio di Siena, in cui più che i fantini (gli autori) contano i cavalli (gli editori), tant’è che potrebbero vincere anche da soli.

Leggere: tutti

dicembre 11, 2012

Garufi-Leggeretutti3

Polvere

dicembre 10, 2012

falci

http://www.bcomeblog.com/racconti/prodotto/18/Polvere

la letteratura Taboo

dicembre 7, 2012

tabuA volte penso che molta narrativa italiana formatasi alla scuola minimum fax-Orwell – comprendendo anche libri usciti con altri editori, come Storia della mia purezza di Francesco Pacifico o Il peso della grazia di Christian Raimo – intenda la scrittura al pari del gioco Taboo.

Scritture da rottamare

dicembre 4, 2012

Menichini“Matteo Renzi si è messo in modalità off, e si può capire anche se più probabilmente, conoscendo il tipo, si tratta di uno di quegli stand-by che basta sfiorarli e tornano in accensione piena […]”

(da un articolo di Stefano Menichini oggi su Il Post)