Fra poche ore finirà il 2016. In teoria dovrei essere contento di archiviare quest’anno di merda, il più brutto della mia vita, l’anno in cui è morta mia madre, eppure un po’ mi spiace di lasciarlo andare. Il 2016 è stato sì l’anno in cui è morta, ma anche l’ultimo anno della sua vita, e domani, nel 2017, dovrò dire “l’anno scorso è morta mia madre“, come di un evento remoto, sbiadito dal passare del tempo. Invece quest’anno è morta ma è stato anche l’anno in cui l’ho vista spesso, proprio perché sentivo che la sua fine era imminente, e per sette mesi lei c’è stata, lo ha vissuto, commentato, detestato per il suo aspetto terminale, e in alcuni momenti ci si è pure aggrappata con le forze residue sperando in qualche miracolo impossibile. A volte questo la rendeva triste e malinconica, pensierosa come in quella foto rubata che le feci sul dondolo, in cui dava l’idea di una solitudine inscalfibile, a volte invece ci scherzava su, e io ho cercato di starle vicino, nella sua casa, per parlare, farle compagnia, mentre lei mi diceva ma esci un po’, ti annoierai, e invece restavo per guardarla e imprimermi nella memoria i tratti del suo viso, il suono della sua voce, i suoi gesti quotidiani, perché temevo di scordarmela presto com’è successo con mio padre, che ogni tanto guardo nelle foto e stento a riconoscerlo come fosse un estraneo; e le chiedevo della sua giovinezza, di prima che si sposasse, di quando non era mia madre, cercavo d’immaginarla come una ragazza qualsiasi, una bella mora piena di sogni e paure che partì da una baracca sulla spiaggia di Barcellona e che lì è tornata ottantatrè anni dopo, con le sue ceneri.
“Buona fine e buon inizio!”, auguravano oggi le cassiere del Carrefour. Ma non tutto ricomincia subito dopo essere finito. Non la morte di una madre, per esempio. Però bisogna tirare avanti lo stesso, far buon viso a cattivo gioco, perché il mondo non aspetta nessuno, e dopo le parole di circostanza ti volta le spalle e prosegue il suo corso. Morto un anno se ne fa un altro, sì, e domani anche il 2016 finirà nei libri di storia, con le sue piccole e grandi tragedie, le sorprese i progetti le illusioni i lutti, tutto tranne i nostri sensi di colpa, che ci seguono fin nella tomba.