L’edicola del mio quartiere ha chiuso. Era l’unica. In teoria stava in un’ottima posizione, davanti all’uscita del Carrefour aperto 24 h, quindi con un traino fenomenale, ma ci vedevo lo stesso pochissima gente. Ora mi toccherà fare un chilometro a piedi e andare in quella di via Pinturicchio a comprare i giornali. In genere ci passavo il sabato o la domenica mattina presto per prendere gli inserti letterari. Quell’edicola era gestita da due ragazzi sui 35 anni e dai loro genitori. Con uno dei ragazzi avevo legato un po’, ci scambiavamo quattro chiacchiere sul cane, le vacanze, cose così. Con la sua barba folta e il codino aveva l’aria di un fricchettone serafico, molto pis&lov, sempre gentile e disponibile con tutti. Negli anni da lui comprai migliaia di figurine per il piccolo, e poi Gardenia o Dove per Chiara e riviste letterarie per me. Gliel’avevo detto che scrivevo, e infatti a volte mi faceva controllare se era uscito un mio articolo su l’Unità così da comprarlo solo in caso affermativo. Poi gli raccontavo dei miei problemi coi giornali che fallivano, chiudevano o non pagavano o pagavano una miseria, speravo con questo di fargli sentire la mia vicinanza, dato che la sua attività non poteva dar utili ed era evidente che avesse le ore contate, ma lui ascoltava senza far commenti, glissando educatamente, come se quei casini non lo riguardassero. Mi faceva un po’ tenerezza, perché avevo l’impressione che non fosse sincero, tipo sulle vacanze, che diceva di voler fare in posti esotici con viaggi costosi, come se si vergognasse ad ammettere di avere difficoltà. Forse ai suoi occhi ero solo un cliente, e coi clienti non si parla dei propri problemi. Anch’io quando avevo il negozio facevo lo stesso. Non è facile riconoscere il proprio fallimento, si tira fino all’ultimo fingendo tranquillità e benessere, eppure quanto siamo più vicini agli altri quando mostriamo le nostre debolezze. Ora chissà dov’è finito, che lavoro fa.
Archive for settembre 2017
l’edicola del villaggio
settembre 29, 2017una passione che dura da 40 anni
settembre 28, 2017
Fuori posto
settembre 25, 2017Sentirsi fuori posto ovunque, tranne che in mezzo ai libri.
(foto di Gabriel Casas, El dia del libro, Barcelona, 1932)
Il chewing gum degli occhi
settembre 24, 2017Proscioglimenti
settembre 23, 2017“In ogni caso, quale miglior dono possiamo sperare che l’essere insignificanti, quale maggior gloria per un Dio che quella di essere prosciolto dal mondo?” (JLB, Discussione, 1931)
che fa ombra con la coda
settembre 21, 2017A Castelldefels, nel giardino della casa che affittavamo per la villeggiatura, ogni tanto faceva la sua comparsa qualche scoiattolo, e uno di questi un giorno mi si avvicinò timidamente, forse sperando che gli dessi qualcosa da mangiare. In quel momento con me avevo un paio di ciliegie a mo’ di orecchini e gliene porsi una, ma lo scoiattolo scappò appena si accorse che mio padre si stava avvicinando. Per consolarmi del mancato incontro, e per scusarsi di averlo causato, papà mi raccontò l’etimologia della parola scoiattolo, dal greco skiuros, “che fa ombra con la coda”, e mi sembrò una cosa così bella che quando vedo uno scoiattolo mi torna subito in mente.
dizionari interiori
settembre 20, 2017Prima di scrivere ho fatto per diversi anni l’arredatore. Avevo un negozio e vendevo tessuti, letti, divani e oggettistica varia. I lavori più redditizi e di maggior soddisfazione erano quelli in cui il cliente mi chiedeva di arredargli una casa vuota dandomi carta bianca. Non capitavano spesso, ma quando capitavano era un piacere cimentarsi con uno spazio totalmente neutro, che poteva diventare qualsiasi cosa. Certo, dovevo tenere presente i gusti del cliente, e già il fatto che si fosse rivolto a me voleva dire che s’identificava con lo stile di arredo che proponevo, per cui i margini di scelta non erano infiniti, ma l’assenza di mobili preesistenti da armonizzare coi nuovi mi consentiva una discreta libertà. Dopo l’incarico c’era il momento del progetto, i disegni in scala e le prospettive di cosa avrei inserito, e in quella fase spesso accarezzavo l’idea di qualche proposta azzardata, e quell’appartamento diventava così un ambiente minimalista, o un rifugio esotico, o una casa calda e lussuosa con qualche pezzo di antiquariato. (more…)
inscape
settembre 19, 2017Non sapevo cosa fosse l’inscape. E neppure conoscevo Gerald Manley Hopkins, il gesuita vittoriano che coniò questa parola. L’inscape è il paesaggio interiore, ma più la coscienza del paesaggio, che il paesaggio della coscienza, come la montagna Sainte-Victoire per Cezanne.
somiglianze
settembre 18, 2017Questo è Vittorio Bonanni con suo figlio Huch, di origine cambogiana. Vittorio era il caporedattore culturale a Liberazione. Quando avevo un’idea per un pezzo chiedevo prima a lui se interessava, concordavo le battute, lo scrivevo e infine glielo spedivo per la pubblicazione sul giornale. Per anni il nostro fu un rapporto esclusivamente epistolare, non sapevo che faccia o voce avesse, poi quando mi trasferii a Roma ci incontrammo in un bar e scoprimmo di avere in comune un ragazzino cambogiano: lui suo figlio, ed io il figlio della mia compagna. Non solo, scoprimmo pure che erano stati nello stesso orfanotrofio insieme, anche se per pochi mesi, dato che suo figlio ha sei anni più del figlio della mia compagna. Il dettaglio più curioso, al di là della coincidenza che frega giusto a me, è la somiglianza impressionante fra padre e figlio, come evidenziato da questa foto. Si dice spesso che la paternità è un fatto culturale più che biologico, tant’è che quando un padre scopre di non essere il padre biologico di suo figlio perché la moglie lo tradì, di solito disconosce la moglie e non il figlio, ma forse bisogna ammettere che le due cose sono meno distinte di quanto si creda.