Noi siamo ciò su cui manteniamo il silenzio
(Sandor Marai, una vida en imágenes, di Ernö Zeltner, edito dall’Università di Valencia)
Noi siamo ciò su cui manteniamo il silenzio
(Sandor Marai, una vida en imágenes, di Ernö Zeltner, edito dall’Università di Valencia)
(Vorrei scrivere un libro così, e vorrei che un editore lo volesse da me)
19 gennaio
FINE
sto piangendo, non so se di gioia; sono le ore sei e sei minuti del 19 gennaio 1961; sto scrivendo in casa Magnoni, nella mia stanza, e sono solo in casa; è un freddo giovedì, sereno di cielo; alle otto e venti devo vedere Ebe a Porta Pia, davanti al Cinema Europa; non so ancora se le dirò che
HO SCRITTO UN LIBRO
ore 6 e 8 minuti
Al culmine della felicità si piange, come succede a Giorgio Manganelli, l’estensore di queste righe concitate. Il libro di cui aveva appena terminato la prima stesura era il suo esordio narrativo, Hilarotragoedia, che uscirà più di tre anni dopo. Chissà se poi lo disse a Ebe, la sua paziente compagna, quando la incontrò di fronte al cinema Europa. Il cinema è rimasto lì, io ci passo davanti quasi tutti i giorni in macchina quando esco dall’ufficio. Se potessi andare indietro nel tempo mi piacerebbe fare un salto in quel momento preciso, spiare l’atto di nascita di un grande scrittore, o meglio la sua autocertificazione, una delle poche che il tempo non ha sbugiardato. Sarei curioso di assistere a quell’istante fondativo, a quella sensazione travolgente che fa capire che tipo di investimento emotivo ci sia dietro un libro. Tuttavia, salvo rari casi come questo, di solito sono più attratto dalle pause e dagli inciampi di una biografia che non dai suoi momenti capitali, dalle sue “scelte irrevocabili”. Insomma, se posso lascio volentieri ai grandi critici come George Steiner il piacere di baloccarsi con le grammatiche della creazione e mi accontento di scandagliare quelle, ben più sottili e impervie, della ricreazione.
8 febbraio
Sono le sei del mattino ed è buio pesto. A Parigi Julio Cortázar e sua moglie Aurora dormono in una delle due stanze che hanno preso in affitto da M.me Champion, un’insegnante d’inglese che vive al secondo piano di rue Mazarine 54. Sul tavolo in cucina sono posati la macchina da scrivere, un dizionario di francese aperto e Le Memorie di Adriano, il libro che Julio sta traducendo per conto dell’editore Sudamericana. Aurora ha l’influenza da un paio di giorni. La fronte le scotta, respira con la bocca aperta e russa un po’. Lui la sveglia per farle bere uno sciroppo che deve prendere quattro volte al giorno ma lei si arrabbia, protesta che voleva continuare a dormire, stava sognando uno stupendo romanzo poliziesco ed era sul punto di scoprire il colpevole.
22 marzo
Alle ore 19 del 22 marzo 1842, camminando sul marciapiede di rue des Capucines, a Parigi, Stendhal veniva colto da un infarto e si accasciava a terra all’altezza del civico 24, dove adesso c’è un negozio di abbigliamento Tommy Hilfiger. Poi, va beh, l’indomani moriva.
Gli scatti di Frank Horvat ai Musei Reali di Torino.
Devo ancora mettere ordine nelle giornate come meglio posso, barcollando, mezzo cieco; ma la mia non è più vita, sono soltanto i preparativi per la partenza. E in questa condizione non vi è nulla di angoscioso: l’unica cosa che mi preoccupa è di riuscire a farla finita, prima che sia la situazione a finirmi.
(Sandor Marai, L’ultimo dono. Diari 1984-1989, Adelphi)
Nessuno si è mai tolto volontariamente la vita. Il suicidio è una condanna a morte della cui esecuzione il giudice incarica il condannato.
Durante un party a casa dell’editore Samuel Fischer, a Berlino, Robert Walser, probabilmente alticcio, chiese a Hugo von Hofmannsthal, che pur ammirava: “Scusi, non potrebbe scordarsi per un attimo di essere famoso?”
(Lettera di Antonia Pozzi a Vittorio Sereni, Pasturo, 20/6/35)
La cosa bella di stare zitti è che stai zitto sia quando sei molto a disagio che quando sei molto a tuo agio
In tintoria, dopo mesi che non ci andavo
– Sergio Garufi, giusto?
– Giusto, complimenti per la memoria!
– Ah, io le cazzate me le ricordo tutte